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SENZA MUSICA

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Claudio habla de sí mismo a través de las notas de un diario de 252 páginas, notas que lo han acompañado en 30 años de viajes, de carrera, de vida. Con una siempre aguda ironía, él alterna notas biográficas y narrativas, narraciones, bocetos, reflexiones sobre temas de guerra y el fin de milenio, consideraciones de un artista vagabundo, irónicas críticas musicales y sociales, intensísimos apuntes que han seguido a su primer tour en Africa, en Sudamérica y en el Este europeo. Manteniendo siempre la constante energía creativa e inspiración lírica, Claudio Baglioni ofrece en las páginas de "Senza musica" una mirada inédita de su relación  de 30 años entre un cantor y su siglo.

 

Comentario de Alberta

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Lo he comprado el 22 de junio de 2005, precisamente en el día de su salida en las tiendas...


Y lo he leído de un tirón.

Es verdad que el 90% del libro, o quizás algo más - con la segura excepción de un delicioso, tímido y tierno Claudio de 5 años en el parvulario, enamoradísimo de una pequeña compañera rubia (ésta es una imagen que me ha inmediatamente hecho acordar el Charlie Brown de los Peanuts y su adorada, inalcanzable "chica pelirroja"...) - es un recopilatorio de artículos escritos por Claudio Baglioni durante una larguísima temporada, y que fueron ya publicados, en su día, por diarios y revistas (por ejemplo: Famiglia in TV, Messaggero, Sorrisi Canzoni TV, GQ, Rockstar, Famiglia Cristiana etc.).

Sin embargo, estoy convencida que tenerlos ahora todos juntos y atados estrictamente en este librito ha dado a ellos una nueva importancia, haciéndonos ver de mejor manera el "fil rouge" que los une ...


Además, ojalá eso pueda ser el medio para que cambie de opinión al menos una pequeña parte entre aquellas masas poco atentas, los que dicen: "¿Baglioni? Ah, sí, el hombre de la blusita fina, de gorrioncito qué melancolía...". Ojalá este libro pueda ayudarlos a ver la mente muy bella, y el alma muy interesante, que siempre han estado detrás de aquella blusita fina ...


Por fin, creo que esta síntesis expresada por Giuseppe Cesaro, coordinador del libro, en su prólogo, es perfecta: "El resultado es una confirmación para quien ha seguido la evolución de su historia personal y artística; una sorpresa para quien se había limitado a mirar la superficie ...


Voto: 5 / 5

 

ALGUNOS EXTRACTOS DEL LIBRO


En este párrafo Claudio habla de la amistad (página 90).

LLUVIA EN EL CRISTAL

Lluvia en el cristal. Esto somos. Y, como gotas, resbalamos, casi siempre demasiado deprisa. Nos acercamos, nos alejamos. Nos encontramos, nos desencontramos. Nos unimos, nos separamos. Nos hallamos, nos perdemos. Nos volvemos a encontrar o nos perdemos para siempre.

A veces en cambio estamos en la superficie del cristal, uno al lado del otro, sin encontrarnos nunca, sin ni siquiera darnos cuenta uno del otro. Y nunca sabremos a ciencia cierta las razones de todo esto.

Sin embargo son justo estas pequeñas historias, estas gotas aparentemente insignificantes, la sal de la Historia....
 


Éste lo dedica a la paz (página 140).

EL CORAJE DE DECLARAR LA PAZ

"¿Jugamos a buenos y malos?"
"Sí, pero ¿cómo se juega?"
"Es fácil: los buenos dicen quienes son los malos" C.M.Shulz

... La guerra es la única enfermedad mortal que el hombre no contrae, sino que genera... La paz es difícil. La guerra es fácil. Se hace. Y basta. La paz se conquista... La guerra es el único juego que no tiene vencedores. Todos somos vencidos...
 


Y éste al amor (página 198).

LOVE IS THE ANSWER

"Amor". Probablemente la palabra más usada. Seguramente la más abusada. Pocas otras, en efecto, sufren tanto la erosión del uso.
Decir "te amo", cuando no es así, es un delito. Un delito inferior sólo al que cometemos cuando amamos y no lo decimos.
No sabemos de dónde viene (ni nos lo preguntamos), pero cuando se pierde nos afanamos en preguntar dónde termina y, sobre todo, porqué. Y el vacío que deja es siempre más grande que el que había colmado cuando llegó.
Misterio, pues. Misterio encontrarlo, misterio vivirlo, misterio perderlo.
Pero es la energía más grande que el hombre puede generar. La única que logra hacerle hacer cosas de las cuales no se imaginaría nunca capaz...
Como decía un gran músico: "Love is the answer".
Y a menudo, la diferencia entre pensarse, llamarse o ser de verdad digno del apelativo "hombre", está encerrada allí.
 


Con estas frases acaba el libro Senza musica.

 

 

Online el artículo de Panorama sobre el nuevo libro Senza musica:

http://www.panorama.it/spettacoli/star/articolo/ix1-A020001031498


Baglioni: l'uomo della storia accanto 

 

di
 Pietrangelo Buttafuoco
23/6/2005

 

Claudio Baglioni, 54 anni, cantante, autore di "Senza Musica" (Bompiani)

Il vate della maglietta fina ha scritto un libro ambizioso. E ha incontrato il guastatore di Panorama che non gli ha risparmiato nulla: dalla tintarella totale alle sbandierate amicizie con De Luca e Sgalambro. Ecco come ha reagito


 
Un effetto Tutankhamen lo restituisce immacolato ai fan.
Lui è «l'uomo della storia accanto». È vestito di bianco, ha la giacca che gli fascia lo stomaco con la levità di un bendaggio.
Claudio Baglioni, il ragazzo buonissimo che faceva il pendolare sul bus tra Prenestino e Tiburtino, a Roma, ha scritto un libro, Senza musica.
Adesso è un uomo dello spettacolo corazzato dagli artifici della cura e della cosmesi.

Pare che perfino nei suoi signorili uffici ai Parioli, sul terrazzo, abbia una piscina dove poter far gruzzolo della tintarella, e chissà che non sia il sole a cucinargli con la prestanza del fisicaccio anche quei suoi pensieri.
Il suo fraseggio è stato il più efficace poema pop per i cinquantenni d'Italia.
Ne ha fatto la felicità di tutta una memoria collettiva con il solo ingrediente dell'innocenza. «La sentinella della radice musicale» snocciola con disarmante familiarità «si adegua al giorno del congedo».

È lui che ha scoperto la cosa più semplice: il vero sabato del villaggio, il luogo leopardiano, è il suo sabato pomeriggio. Per questo lo chiamano a Recanati per il Premio di poesia. Laureato davvero, in architettura, non ha avuto alcuna laurea honoris causa, come invece Vasco Rossi a Milano o Paolo Conte a Macerata.
Sul mancato dottorato di Franco Battiato dice: «Dovrebbero darla a Manlio Sgalambro la laurea». Baglioni ha preziose malizie: «I senati accademici hanno l'ansia dello spettacolo, usano il metro della popolarità, solo che trovano più comodo laureare le canzoni piuttosto che leggere i libri di Sgalambro».


Tra gli esempi previsti nel suo corso di laurea, Baglioni scelse scienza della comunicazione. La professoressa non gli fece la domanda a piacere, bensì una, precisa, su come organizzò il suo concerto all'Olimpico nel 1998. Lui recitò come un'Ave Maria, spiegò tutto alla perfezione ma rimediò un mesto 26: «Forse le sembrava esagerato darmi 30 e lode. Me lo meritavo».

Fortunatamente Baglioni non si prende sul serio.
Si trincera nella «diffidenza dei musicanti leggeri» verso la mondanità dei mondani «che si conoscono solo tra di loro», verso «il vippismo dei firmaioli dell'impegno», verso quel «videocitofono» infine, la televisione: «Chiunque vi si può affacciare».
La cosmesi è cosmesi: «Tutto diventa brutto e triste. Fanno fare le prove a telecamere spente, i registi fanno sempre finta di avere tutto sotto controllo.
Ma le luci? Fa bene Renato Zero a strillà: "Ah Nì, nun è che poi me metti 'e luci che me fanno vecchio d'artri trent'anni?"».

Il suo mondo è lo spettacolo, non è quello del reality: «La gente che va ai concerti, a teatro, organizza la propria serata, si prepara, cerca un parcheggio, entra, si accomoda e si sente persona. Assiste all'arte che non ha riproducibilità tecnica.
Lo spettacolo vale una volta per tutte. Chi se ne sta dimenticato su una poltrona, invece, davanti a un televisore acceso, è solo un numero, un tristanzuolo dato Auditel».

Baglioni, che si fa vanto di essere stato inserito nell'antologia degli «irregolari», un prezioso libro di LiberalLibri di qualche anno fa, non ha altri riferimenti che il suo pubblico: la sua è un'Italia trasversale in età, geografia e gusti.
Avrebbe voluto scrivere lui tutte le belle canzoni italiane degli anni 60; la più bella in assoluto, dice, è Se telefonando. È una canzone di Maurizio Costanzo. «A guardarlo» si fa beffardo «nessuno ci crederebbe, ma anche Cristiano Malgioglio ha fatto belle canzoni».

Claudio Baglioni, che ha consegnato alle librerie un volume, a cura di Giuseppe Cesaro, edito dalla Bompiani (asSaggi di narrativa, euro 14,00), non si rende conto di avere fabbricato la melodia obbligata della maglietta fina e, ovviamente, Alè-oh-oh.

Ma forse un po' se ne rende conto: «Anche negli stadi inglesi adesso cantano Alè-oh-oh». Ancora oggi lui è quello che a 17 anni si guadagna la lira suonando la chitarra in un disco di Domenico Modugno. Fa tenerezza la sua sincerità, ammira Franco Migliacci, oggi presidente della Siae, non tanto per avere scritto Vecchio frac, ma per aver fatto da paroliere a uno dei brani che fanno da colonna sonora al mondo intero, il tema della Pantera rosa.

Nessuno conosce il testo perché il celebre «pà-pàpà-pàpàpà-pàààà» non è mai stato cantato, ma le parole sono regolarmente vincolate al diritto d'autore e, ogni volta che viene suonato, sono piccioli che arrivano a Migliacci.
La devozione di Baglioni per le parole senza musica è totale. Dovette dirglielo Giuseppe Berto che lui l'aveva un privilegio: quello di «creare nella forma breve e catturare la memoria e il sentimento della gente».

Erano gli anni in cui il grande scrittore raccoglieva il successo dell'unico grande libro della letteratura italiana contemporanea, Il male oscuro, e il ragazzone con i capelli a paralume non credeva di meritare questa considerazione. Tre minuti di miagolio che danno calduccio, il tempo di una canzone, dice: «Non fanno la grandezza della parola asciutta, senza melodie».

Un suo amico è Erri De Luca, Baglioni che ha sempre scritto («con spaventosa fatica») i testi delle proprie canzoni vorrebbe tentare la contaminazione alta, ma gli è che proprio De Luca vorrebbe fare al contrario: riuscire a scrivere al modo di Baglioni, le parole nella forma breve che restano a galleggiare nei negozi, al bar, negli uffici, dentro le automobili.

La sensazione del successo la ebbe quando, ancora pendolare tra Prenestino e Tiburtino, si ritrovò a scrutare le case dal bus.
Fu colto da un brivido al pensiero di qualcuno che in quel momento, nella soffusa apnea delle finestre, stesse ascoltando le sue canzoni. Perfino chi non lo sopporta lo conosce per forza.
E adesso tutti cominceranno a leggere le sue parole.
C'è suo padre che gli spiega come raccogliere le briciole del pane coi polpastrelli, poi c'è lui che sogna di suonare al pianoforte, bendato. Suona una canzone che non finisce mai.
Non capisce se intorno a lui c'è un pubblico o un plotone d'esecuzione. Di sicuro è un'esecuzione a vita, spera solo sia una bella esecuzione.

 

 
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