L'uomo
che corre l'ora del gallo
polmoni che gonfiano le costole
di un'aria di metallo
e gomiti di treno
sarà più mulo o cavallo
i piedi si spaccano di collera
martelli sul terreno
lasciai per sempre a questo braccio destro
un portafortuna d'acqua incandescente
feci l'amore il primo insieme a una
senza guardarla mai ne dire niente
vidi il diavolo più volte in faccia
misi i guantoni e scaricai giù botte
guidai fischiando sulle gomme a caccia
del mio Brigante di Strada bianco nella notte
dagli il via
falla scorrere
la pazzia
dentro me che mi grida
o la corsa o la vita
dagli il via dagli libertà
che non sia mai più qua
dove fugge e va dove non fu mai
dagli il via a questo uomo che va.
L'uomo
in cerca del suo destino
polpacci si tendono più solidi
di ruote di mulino
e grandine di cuore
in un diluvio assassino
ricade giù e srotola le vertebre
cingoli di trattore
mi ubriacai di una città polacca
e vodka e vento e non sarei tornato
rubai e costò una mano e uno spavento
bruciai una macchina e il mio passato
fui tra luoghi santi e spogliarelli
portai un jet nei corridoi dei cieli
sorpresi donne a sciogliersi i capelli
come poterne sapere odori e gli altri peli
dagli il via
fagli prendere
la sua scia
che non c'e' solitudine
quando si è soli
dagli il via dagli libertà
che non sia mai più qua
dove fugge e va dove non fu mai
dagli il via
a questo uomo che sa l'amore
e ama meno
che sa il dolore che si da'
pioggia e veleno
e sempre va e muore
dagli il via dagli libertà
che non sia mai più qua
dagli il via dagli libertà
che non sia mai più qua
dagli il via dagli libertà
a quest'uomo che va
Saranno stati scogli di carbone dolce
dentro il ferro liquefatto
di una luna che squagliò un suo quarto
come un brivido mulatto
o un bianco volar via di cuori pescatori
acqua secca di un bel cielo astratto
chissà se c'erano satelliti o comete
in un'alba senza rughe
larghe nuvole di muffa e olio
appaiate come acciughe
o una vertigine di spiccioli di pesci
nella luce nera di lattughe
e io
dal mare venni e amare mi stremò
perché infiammare il mare non si può
aveva forse nervi e fruste di uragani
scure anime profonde
tra le vertebre di vetro e schiuma
urla di leoni le onde
o tende di merletto chiuse su farine
corpi caldi di sirene bionde
forse era morto senza vento nei polmoni
graffio di cemento bruno
barche stelle insonni a ramazzare
nelle stanze di Nettuno
o turbini di sabbia tra le dune calve
sulle orme perse da qualcuno
e io
dal mare ho il sangue e amaro rimarrò
perchè calmare il mare non si può
i miei si amarono laggiù
in un agosto e un altro sole si annegò
lingue di fuoco e uve fragole
quando il giorno cammina ancora
sulle tegole del cielo
e sembra non sedersi mai.
E innanzi al mare ad ansimare sto
perché domare il mare non si può
e come pietra annerirò
a consumare
a catramare
a tracimare
a fiumare
a schiumare
a chiamare
quel mare che fu madre e che non so...
Fu il sogno di volare solitario
là dove soltanto il falco va
ma era ancora incerto come un pulcino bagnato
in cerca di tornar nel guscio
appena nato
e di quel falco cacciator di stelle
pur non avendo le ali mai
gli venne naso e gambe a guadagnare un ramo sospeso
e gli occhi andavano lontano
e senza peso
perché crescono i capelli
come l'erba sopra le campagne
e se i pesci ed i coralli
hanno mai veduto le montagne
chi colora una farfalla
e se stanno le isole a galla
perché il cielo è così azzurro
quando l'aria è trasparente e non si tocca
se le stelle fanno un carro
se la luna ha veramente occhi naso e bocca
se l'inferno non esiste
non è anche dentro me
naso di falco
a becco in su
sull'albero più alto
guarda laggiù
chi ha ingannato il cielo ad Ustica
chi ha imbiancato Medelin
chi ha negato già Timisoara
mille aghi nella mente e niente mai risposte
se ci fossero due soli
che così sarebbe sempre giorno
perché pure gli animali
non si fanno un fuoco e stanno intorno
l'acqua non si può tagliare
e se è maschio o femmina il mare
se si può scavare un pozzo
fino al centro della terra e che si trova
e il mio cuore di ragazzo
perché batte e se mai batterà una guerra nuova
se i cavalli delle giostre
corrono le praterie
naso di falco
a becco in su
e il tempo è freccia e arco
e soldato blu
chi ha insozzato il vento a Chernobyl
chi ha assetato Napoli
chi ha schiacciato i cuori dell'Heysel
mille aghi nella mente e niente mai risposte
Naso di falco
a becco in su
il tempo è freccia ed arco
e non torna più
cuore all'assalto
a becco in su lassù
di un albero più in alto
di tutto il blu
per salire lassù
per salire più su
per salire più su
per salire più su
per risalire lassù di salire lassù
(si è fatto grande il piccolo guerriero)
(legni inarcati non ci son più)
(da cavalcare sul sentiero del sole)
(e del serpente contadino)
(fu il sogno di volare solitario)
(là dove solo c'è verità)
(incerto come un uomo che si è perduto)
(e cerca di tornare indietro)
(dove un sogno è ancora libero)
(l'aria non è cenere)
(la mia casa è sopra un albero)
(nelle strade ci si perde in cielo e in mare no)
(dove un sogno è ancora libero)
Quando la notte è passata al passivo
alle sette passate oltrepasso la porta
e sorpasso il passetto di passiflora
e passo impassibile i pollici
nei passanti dei jeans appassiti passabili si
passionale passeggio e ripasso i miei passi
in un paesaggio di passeri passeggeri
un passaggio a compasso
in passerella nel cielo
che spasso andarcene a spasso
Lei è una taccagna culona invadente
rumorosa indolente pallosa civetta esagerata
benedetta è sempre stata vergine
lui è un arcano signorino taciturno angoloso
un po' frignone barone bulletto sniffatore
benedetto e soffre il mal di macchina
quanti bastoni sassi volati in aria dentro gli occhi pronti via
e le rincorse alleprate le frenate le lingue rifiatate
benedetti io lui e la cana femmina
dietro la città
e un vento sulle teste
che ci annusa e va
ce ne andiamo a spasso
felici nella coda
il cuore suona
da contrabbasso
e andiamo con la vita addosso
e addosso a questa vita
come a un osso
da rosicchiare
uomini o animali potremmo stare bene
da uguali
anche imbarcarci in un porto
e correre a girotondo il mare
e non tornare più
se riuscisse a bere un bicchiere insieme
e ciucchi fin laggiù
a collotorto
sul fondale del mondo andare
ad ululare al blu
così tutto passa e ripasso i miei passi
in un passaggio di passeri passeggeri
un passaggio a compasso
un passaporto del cielo
che spasso era andarcene a spasso
passo e chiudo
Io sperai di esser tra quelli
che camminano le vie ribelli
stelle di stelle
sudici eroi
quei cialtroni degli artisti
scopatori pederasti tristi
incantatori aquilonisti
egoisti
quelli che qualcuno cresce
al riparo dalla realtà
fuori dai guai
senza un'età
soli
quelli che son tutto e niente
che non vivono mai veramente
ma neanche poi
muoiono mai
io in che parole fuggirò
polvere e sere corse via
dentro il bicchiere clessidra
che butto giù
Può il cielo Come un timbro dolce e agro
finire qui… si staccò da quel suo corpo magro
Ci pensi e un fumo blu
Sì l'accarezzò…
No... i fiori recisi ancora Stanco jazz nello sgabello
profumano… madre il suo microfono cullò
Ci credi e ci soffiò
Sì suoni d'uccello…
No... può il mare fermarsi prima Nelle pieghe delle mani
dell'orizzonte… sciolse il tempo con monotonia
Lo vedi sempre così
Sì fu questa mia
No può mai una storia storia…
sfuggire… Spinse tutto il fiato in gola
Se tu non vuoi e una lunga ruvida parola
morire… e il mondo lì
senza di noi… senza di noi…
Anche le stelle bruciate lassù Anche le stelle bruciate lassù
viaggiano per l'eternità dal palco scesero
a illuderci negli occhi che a popolare i sogni della gente
per sempre c'è si spense il viso
una luce il suo sorriso
su chi non sa più cantare… e la voce…
Cosa vuoi di più che avere
il solo guaio delle nubi e un sole nella
pelle su quelle spiagge di vernici e di silenzi bere
a sorsi piccoli i tuoi baci come fontanelle
mattino presto e code splendide di primavera
stanchi di vento e non di noi
cosa vuoi di più entravamo
in quella casa senza tende senza niente dentro
e al centro su una sedia sopra il mondo ci amavamo
in un abbraccio sospirato come un ballo lento
e con le labbra morse e pallide c'inseguivamo
l'ultima nostra faccia
Vivi eravamo
come aria semplice
vivi eravamo
come fuoco giovane
a cuore nudo vivi eravamo
come acqua umile
vivi come terra fertile
Cosa vuoi di più che andare
mettendo tutta l'aria di una sera nei polmoni
come aquiloni nelle vie degli altri camminare
cercando una paura nuova e il buoi dei portoni
tirarti su la gonna farlo in piedi e assaporare
la nostra dura affinità
Cosa vuoi di più stavamo
senza vestiti senza tempo senza altro sotto
il tuo cappotto e con le gambe ci accarezzavamo
e un cielo pesto e Dio se la mandava giù a dirotto
e dentro agli occhi allarmi a bestemmiarci io ti amo
riflessi americani
Vivi eravamo
come aria semplice
vivi eravamo
come fuoco giovane
a cuore nudo
vivi eravamo
come acqua umile
vivi come terra fertile
Vivi torneremo
come aria semplice vivi
vivi torneremo come fuoco giovane
a cuore nudo
vivi torneremo
come acqua umile
vivi come terra fertile
che vuoi di più che avere
il solo guaio delle nubi
e non vedere mai chi soffre
e muore e non ha dubbi
tanto è lontano e non lo sai
Io ne ho avuta
una ch'era un guaio più delle cambiali
e piangeva
alle feste e rideva ai funerali
marinai
questi uomini
e le femmine
sono lontani
oceani
io con una
mi ricordo il primo bacio che le detti
attento a dove il naso va
e lei rimase tutto il tempo a denti stretti
che sparano
tappi e stesse cazzate
all'occhiello
un sedano
le donne sono qualche cosa
di allegro e 1930
voci a colori pelle di mimosa
ombrosità di ascelle
cuori nella tormenta
le donne sgambano odorose
ed hanno sogni chiusi dentro un frullatore
insolite insolute insalate capricciose
si tolgono i passati con lo smacchiatore
io di un'altra
che fu al buio gridolini e friggi friggi
quando accesi l'abatjour
e scoprii l'orsetto con i baffi grigi
naufraghi
su un tavolo
che galleggia nel vino
uomo in mare
salvatelo
le donne sono streghe e fate
silenzio di occhi vento di ginestra
tutte le stesse gambe accavallate
bambine di cortile direttrice d'orchestra
le donne fanno l'improvviso
e uomo tu non potrai mai sapermi
e sono Eve e uve e male e mele in Paradiso
e noi chi siamo noi i serpenti o i vermi
le pattinatrici
girano nella tivvù
tagliano un'aria di ghiaccio
saltano su
appese a un braccio
e piccoli studiati gesti
e piroette
nei costumi celesti
e le melette
nelle guance
prendono fiato
e prenderanno un di' marito
e con la stessa grazia
ripiegano le ali in su
o belle o brutte
le donne sono proprio tante
e se si potesse farne una sola
di tutte
ma anche quella sola no
sai che c'e'
che beviamo contiamo saltiamo
alla faccia loro
alla faccia delle loro belle facce ...
bimbe solinghe strambe meringhe
bionde rambe stanghe fiamminghe
gambe ambre penombre lusinghe
lingue iraconde lunghe gioconde
limbi sponde ombre profonde
linde fronde lavande ghirlande
bande carambe trombe mirambe
rumbe sambe mambi milonghe
conghe tumbe birimbe birambe
bambi colombe sgombri anaconde
aringhe oranghe dumbe bagonghe
grembi lombi rotonde culandre
ghiande caliende bombe ecatombe
lande tundre giungle feconde
ombre zombi calinde macumbe
fiondo pitonghe sghembe malandre
blanda jumbe simbe mocambe
strombe rambe nefande valanghe
monde mutande mumbe gogande
umbre malombre langhe strapiombe
coimbre mustanghe burunde malinde
danga che romba la coiomba
aridanga que romba la coiomba
(pon pon di pompompere)
(can can di cangaceire)
(brasil la la la)
(fusil)
(maliarde son)
(le gattoparde)
(occhi di spia)
(negri e zumbon nella malia della passion)
(miomao)
(cacao i cow boys)
(la' nell'alcova)
(quanti languor)
(su quei visin finto candor di porcellin)
(che pall)
(oval)
(e cellophan)
(lucido e teso)
(quei fior del mal)
(il cui velen ci fu fatal)
(i vermi)
(o buie bandiere)
(o belle caballere)
(o quante figlie madama dore')
(non c'è)
(che c'è?)
Io
starò con te
sia insieme a te
sia senza te
tu
tu mai sarai
né senza me
né insieme a me
io su di te
voglia che striscia disperata
e tu aggrappata alla mia schiena liscia tu
sopra di me
e macchie avide sul collo
e cosce tese
e nelle reni un crollo
e polveri
di luna nei cristalli
degli occhi tuoi
bucati a fare entrare i miei
e noi sciacalli
di baci sulle labbra
unghie rapaci sulla pelle
senza stelle né indulgenza
in questa gabbia
domani domani
domani non arriva mai
domani domani mai
domani domani
questo domani non c'e' mai
domani domani mai
mai più noi due
soltanto io e te
ma senza noi
restiamo poi
nudi e più spogli di chi è nudo
e il letto è un nido caldo nella giungla
e la speranza è una notte troppo lunga
e non abbiamo neanche un volto
e non abbiamo un corpo
e tutto è sciolto
nei muscoli
lasciati senza forza
due pugili
sfiniti che si abbracciano
e il gusto è scorza
di un frutto di savana
un fiume asciutto i nostri fianchi
sassi stanchi e sguardi bassi
smorfia gitana
domani domani
domani non arriva mai
domani domani mai
domani domani
questo domani non c'e' mai
domani domani
noi morimmo per far vivere altri due
domani domani
domani non arriva mai
domani domani mai
domani domani
questo domani non c'e' mai
domani domani mai
no hay mañana
Volevo essere un grande mago
incantare le ragazze ed i serpenti
mangiare fuoco come un giovane drago
dar meraviglie agli occhi dei presenti
avvitarne il collo e toglierne il respiro
un tuffatore in alto un trovatore perso
far sulla corda salti da capogiro
passare muri e tenebre attraverso
come un cammello entrare nella cruna
librarmi equilibrista squilibrato
uno che sa stralunare la luna
polsi di pietra e cuore alato
e stupire tutti quelli
che non sanno la fortuna
che non hanno mai una festa
i tristi e i picchiatelli
io lasciavo a casa un figlio
gli occhi dietro la finestra
un saluto nel berretto
e non usci' un coniglio
accorrete pubblico
gente grandi e piccoli
al suo numero magico
vedrete
mille e più incantesimi
piano non spingetevi
costa pochi centesimi
volevo diventare un pifferaio
stregare il mondo ed ogni sua creatura
crescere spighe di grano a gennaio
sfidar la morte senza aver paura
e mettere la testa in bocche di leoni
un domatore vinto un cantastorie muto
far apparire colombi e visioni
l'uomo invisibile l'uomo forzuto
lanciar coltelli e sguardi come gelo
saper andare in punta delle dita
uno che si getta a vuoto nel telo
del lungo inverno della vita
e portare sopra un carro
elemosine di cielo
tra silenzi d'ospedale
e strappi di catarro
io restavo zitto a fianco
quando mamma stava male
e sembrava Pulcinella
dentro il pigiama bianco
accorrete pubblico
gente grandi e piccoli
al suo numero magico
vedrete Cucaio
in mille e più incantesimi
piano non spingetevi
costa pochi centesimi
se sapessi un di
innamorarmi di quelli che
non ama nessuno
se potessi portarli lì
dove il vento dorme
se crescesse acqua dalla luna
Ognuno ha il suo tamburo
un solo ritmo
un canto
della comune solitudine
che noi mettemmo insieme
a starci un poco accanto
su questa via dell'abitudine
il tempo vince sempre
il tempo lui soltanto
si muove e noi restiamo immobili
finchè ci porta un suono
atteso chissà quanto
e ci promettiamo indivisibili
alberi che sfilano come persone care
fantasmi della strada
devi prendere o lasciare
si comunque vada non come volevi
battono i tamburi battono più lontani
è giusto così
non chiesi mai qualcuno che comprasse la mia infelicità
(tam tam tam)
non piansi mai davanti alla tristezza ma versi l'onesta'
(tam tam tam)
dimmelo anche tu
che il tempo non ci ha sconosciuto
male e bene mio
che dopo ti hanno amato meglio
si ma non di più
di tutto il poco che ho potuto io
vieni padre mio
usciamo a fare un giro e guida tu
e guarda avanti e non parliamo più
albero padre con un ramo solo
e come tutto torna e come tutto passa
le cose cambiano per vivere
e vivono per cambiare
il mare s'alza e abbassa
e mai una goccia si va
perdere
ed ogni giorno siamo dietro ad una cassa
a dare il resto e poi sorridere
un ballo senza fiato se la banda passa
e finché non smetti di rincorrere
le storie muoiono quando c'e' più paura
di perdersi che voglia di tenersi e com'e' dura
quella soglia e come siamo noi i diversi
cambiano le scene cambiano le battute
e anche i battuti
io non potrò incontrarvi in nessun luogo
in nessun'altra età
(tam tam tam)
fermar l'urgenza del mio cuore
il cuore di un uomo a metà
(tam tam tam)
pensa amore mio
che t'insegnai mille altri cieli
e non seppi mai
soffiarti il vento sulle ali
aspettai un addio
e il giorno di lasciarmi ti lasciai
credi figlio mio
mi mancano i tuoi baci che non ho
e sono i soli baci che io so
piccolo figlio
e tu compagno dalle orecchie a punta
io ti parlai di me
come a un fratello a cui ci si racconta
io non ne avevo e allora presi te
e quella tua sgomenta
e nostra malattia di vivere
giura amico mio
che glielo metteremo ancora lì
a questa vita che va via così
senza aspettarci
tam tam tam
tam tam tam
Come sarà un giorno perdere
la strada e andare via
incontro alla realtà
farsi travolgere da un vento di follia
come sarà
le mani stringere
con tutta l'energia
che l'aria ci darà
le onde a fendere
sassi schizzati via
avremo ancora braccia
come ali libere
di bere giorni e sere
e un sole di isole
su questa nostra faccia
parole e musica
ad asciugarci gole
per una verità
noi noi no
noi noi no
noi noi no
noi noi no
noi noi no
noi noi no
noi o noi mai più rubati
come sarà
spaccare il mondo in due
sputare il nocciolo
con quell' ingenuità
delle canzoni mie
di un cuore incredulo
avremo le speranze
di figli in prestito
che presto cresceranno
un anno e' un attimo
e un cielo accenderanno
comete come te
e quanto amore e sete
che possa piovere
di più giù in fondo là
più su più in alto
ancora oltre
noi noi no
noi noi no
noi noi no
noi noi no
noi noi no
noi noi no
noi o noi mai più rubati
noi che mai
finimmo di aspettare
provando a vivere
e non vogliamo andare
in paradiso se
lì non si vede il mare
noi no
noi noi no
noi o noi mai più rubati
noi noi no
noi noi no
noi noi no
noi o noi mai più rubati
noi noi no
noi noi no
noi noi no
noi o noi mai più rubati
noi noi no
noi sogni di poeti
Signora delle ore scure
pelle sfumata d'ombre in fuga dalla stanza
sugli occhi un guanto di luce
accarezzai l'idea di lei in lontananza
signora delle ore scure
dolci colline intorno a un muschio vellutato
misteri oltre le ciglia
furtivo come un gatto io mi son lavato
vecchio compagno che aspetto il mio animaletto
sono più grande ho dormito più di lei
e del suo cuore
chiuso in cantina
delle sue guance
pane caldo della mattina
di quel suo viso
diamante puro
di quella schiena che le tiene l'anima
stretta al sicuro
ti succhierei per ore e più
cioccolatino nella bocca
senza mai mandarti giù
signora delle ore dure amazzonica
adolescente nuca morbido sentiero
dove cammino i miei sguardi
a guardia del suo sonno immobile guerriero
signora delle ore dure caraibica
alba sbucciata odore aspro di un'arancia
le ragnatele del giorno
da allontanare via da lei con una lancia
ma c'è una lampada accesa no è solo il sole
solo di sole se riuscissi a vivere
dei suoi capelli
alghe del mare
di quei suoi occhi
olive dolci e mandorle amare
di quelle brune
nomadi dita
delle narici Dio le benedica e' lì
che prende la vita
piccolo chicco di caffè
tu non mi devi sempre credere
ma sempre credi in me
non voglio che tu sia un ostaggio
in questo disperato viaggio
l'agnello messo sull'altare
del mio villaggio di fumo
che tu sia solo un tatuaggio
su questo petto di selvaggio
un flipper preso per i fianchi
a farsi coraggio e uomo
fra quelle braccia
colme di seno
su quelle gambe
rami forti e umido fieno
sopra il suo corpo
preso ai pittori
su quella bocca che qualcuno le comprò
al banco dei fiori
e fu così lei dentro un sogno
lei stessa un sogno una vaghezza
io le invidiavo la purezza
dell'impossibile il suo cammeo
il musicista ritrovò
la musica sua sola sposa
la musa allora ritornò
al suo museo
Il vento era una sciarpa
l'aiutai a rimettersi la scarpa
lieve follia aerea
un'astronave la terrazza
Dio quanto dice è buffa e pazza
ci urtammo verso la finestra
e lei veniva dalla destra
fiutai che notte era
una notte bucaniera
la calza rotta
seguirò la rotta della calza
sento la curva delle cosce
mollo l'ancora e le angosce
navigando il mare
navigando il cielo
navigando il cuore
io e te
chissà se questo cuore
è abbastanza grande e comodo per due
navigando sulla luna
che lasciammo in alto
soldo di fortuna a girar su
con la sua faccia a smalto
dalla parte quella buona cadde giù
nell'aria lenta e blues
ride a sbuffo come un autobus
versa parole nel mio orecchio
e un vino dolce esca
io dentro una camicia fresca
durò fino al mattino presto
il sequestro del maestro
e tra le nostre dita
una strana calamita
e mi scavava dentro i desideri
quella talpa
dimmi la volta che si salpa
un di la barca rivernicio
mi piazzo sotto a quel tuo ufficio
navigando il mare
navigando il cielo
navigando il cuore
io e te
chissà se questo cuore
è abbastanza grande e comodo per due
navigando sulle onde
dalla pelle d'oro
lei che mi confonde poppa e prua
dov'è la mappa del tesoro
per cercare un'isola la tua
e navigando naufrago su te
tra capelli indiani
labbra arabe
occhi venezuelani
gambe andaluse
piedi africani
seni tahitiani
fianchi tropicali
caviglie zingare
sopracciglia orientali
sbarco in Normandia
navigando il mare
navigando il cielo
navigando il cuore
io e te
chissà se questo cuore
è abbastanza grande e comodo per due
navigando alla deriva
vento di bonaccia
guardo nella stiva cosa c'è
una lattina vuota tra le braccia
bella e primitiva insieme a te
io sono stato Ulisse Simbad Gilgamesh
restai solo a bordo
come un lupo nella tana
cupo e sempre più balordo
e neanche un'isola italiana
dalla bocca rossa
gli occhi verdi
e i denti bianchi
per riposarsi almeno un po'
quando ci si sente stanchi
Che cos'era
un vigore denso nulla
forse un vento di preghiera roco
sotterraneo gli occhi morse il fuoco
di un'aurora boreale criniera
nella ruggine di capelli
acacie dalle mille foglie
lunghi omeri di uccelli piume
che bagnarono labbra argille fiume
di sudore malva e miele di selva
si gonfiarono nella pelle
vene di sentieri rossi
tra le alte erbe del sonno
fresco alito di gazzelle acerbe
nelle gambe respirai
scese rapide nella gola
acqua di saliva e schiuma
lungo collo di puledro
come un fulmine lacrima di cedro
dalla fronte mi asciugai
salvatemi
e liberatemi
ridatemi
le mani e l'anima
che vu campa'
sfamatemi
e dissetatemi
lasciatemi
le mani e l'anima
che cos'era
una vibrazione nuda
forse un'innocenza nera calma
di crepuscolo lamine di palma
le mie braccia di ambra scura corteccia
diventarono i miei nervi
antenne scosse di sciamani
svelti tendini di cervi rami
a scorgere i pensieri sciami
di locuste sogni d'aria
l pugni si serrarono contro i fianchi
caimani sotto il limo
giù nel sesso di ramarro
cosce d'ebano piedi come granchi
che fuggirono maree
e scattarono le caviglie
sulla rinoceronta terra
anima del mondo interi
si piantarono mistico mistero
radici della nostalgia
salvatemi
e liberatemi
ridatemi
le mani e l'anima
che vu parla'
sfamatemi
e dissetatemi
lasciatemi
le mani e l'anima
e io ci lasciai la mia africanima
Io mi nascosi in te poi ti ho nascosto
da tutto e tutti per non farmi più trovare
e adesso che torniamo ognuno al proprio posto
liberi finalmente e non saper che fare
non ti lasciai un motivo ne' una colpa
ti ho fatto male per non farlo alla tua vita
tu eri in piedi contro il cielo e io così
dolente mi levai imputato alzatevi
chi ci sarà dopo di te
respirerà il tuo odore
pensando che sia il mio
io e te che facemmo invidia al mondo
avremmo vinto mai
contro un miliardo di persone
e una storia va a puttane
sapessi andarci io...
ci separammo un po' come ci unimmo
senza far niente e niente poi c'era da fare
se non che farlo e lentamente noi fuggimmo
lontano dove non ci si può più pensare
finimmo prima che lui ci finisse
perché quel nostro amore non avesse fine
volevo averti e solo allora mi riuscì
quando mi accorsi che ero lì per perderti.
chi mi vorrà dopo di te
si prenderà il tuo armadio
e quel disordine
che tu hai lasciato nei miei fogli
andando via così
come la nostra prima scena
solo che andavamo via di schiena
incontro a chi
insegneremo quello che
noi due imparammo insieme
e non capire mai
cos'e' se c'e' stato per davvero
quell'attimo di eterno che non c'e'
mille giorni di te e di me...
ti presento
un vecchio amico mio
il ricordo di me
per sempre per tutto quanto il tempo
in questo addio
io mi innamorerò di te...
"Questo secolo finisce dieci anni prima
il duemila ha perso la sua Buona Novella
ci resta sempre Novella 2000
ma vedremo ugualmente le stelle da vicino
perché i paparazzi hanno tutti figli missili"
chi m'ha visto no gli venga in mente aiò
di chiamare la mia conduttrice aiò
quell'astuta scimmia oscura tessitrice
di ricami e trame dell'oriente aiò
lei m'ha fatto uscire dalla frasca aiò
con un colpo di cannone aiò
tutto nudo e la bandiera bianca in tasca
a strapparmi la mia confessione aiò
"aveva un nascondiglio e stava lì
cucaio aiò per ore nostro figlio"
sentinella delle mie frontiere aiò
finanziera vecchia volpe grigia aiò
lei mi ha chiesto che cos'hai nella valigia
con quel ciglio in su da doganiere aiò
io portavo via di contrabbando aiò
la mia anima in pena aiò
quando m'ha intimato alt dove stai andando
vado a vivere in una balena aiò aiò
"disse presente all'appello ma
cucaio aiò ' sembrava un poco assente"
dov'è dov'è
sta in un buco di affittacamere
è sfollato non c'è non c'è
forse e' chiuso in bagno a leggere
se il mondo si girasse da una parte aiò
e se andasse via da sotto il letto aiò
pronto a cogliermi in flagrante crimine d'affetto
a cercarmi di veder le carte aiò
e la rossa russa ha mosso e io distratto aiò
il cavallo oltre la torre aiò
e la sua regina nera ha dato il matto aiò
al mio re che ancora se ne corre aiò
"spesso non c'era e non parlava mai
cucaio aiò buongiorno e buonasera"
dov'è dov'è
è rimasto in guerra a combattere
è imboscato non c'è non c'è
s'è nascosto li al Lungotevere
dov'è dov'è
dicono che ha un brutto carattere
e' un bandito non c'e' non c'e'
fammelo ti prego conoscere
dov'è dov'è dacci oggi il nostro disco quotidiano
questo strimpellatore dai la mano
dov'è dov'è dai un bacetto a mamma e zia
dov'è dov'è di' la poesia
da quanto non ti confessi
dove vai che fai
dicci di che segno sei
stai sull'attenti
che disturbi lamenti
dacci le generalità
dacci la tonalità
dov'è dov'è
ha saltato il muro del carcere
e' braccato non c'e' non c'e'
l'hanno messo in porta a respingere
dov'è dov'è dov'è
dov'è dov'è
sta sui monti andiamolo a prendere
è sbandato non c'e' non c'è
questo nostro eroe santo e martire
"s'avvicini l'imputato ai banchi"
signor giudice io nego tutto aiò
lei e' un uomo che ha studiato aiò
io non le ho mai detto amore tu mi manche
io l'ho solamente urlato aiò aiò
cucaio aiò
aiò aiò
baiò baiò
Tienanmen
Tienanmen
Tienanmen
tienanmente
Tienanmen
Tienanmen
tienanmente
Tienanmen
Tienanmen
Tienanmen
tienanmente
Tienanmen
Tienanmen
tienanmente
Nebbiosi formicai di case
puzzo bruciato di città
qui Dio non c'è
fango di vie foruncolose
cristi e marie senza pietà
bavose anime sperdute
brillocca umanità di bar
qui Dio non c'è
notte di braccia siringate
strade di disperato crack
pagine di libro
da voltare con meccanico dolore
senza aver capito tutto
senza rammentare
ore a pancia sotto
e un treno elettrico girava
e quando deragliava
ci soffrivo un po'
voci stonate di viados
luci bugiarde di reclame
qui Dio non c'è
facce piovose di murales
raschi di lama sotto il tram
ho vissuto giorni opachi
come gli ubriachi usano
i lampioni per sorreggersi
non per illuminarsi
fine delle trasmissioni
e andavo a letto
e un panno umido sul petto
di tristezza in me
il mondo è così
no il tuo mondo te lo fai
questo mondo è lui che ci si fa
quante volte io
rinnegato lo cercai
e non mi ha cercato mai quel Dio
e volevo solo un segno
ma il cielo è come un vecchio pazzo
con un violino aspide
qui Dio non c'è
pagare di continuo il prezzo
sentirsi sempre un ospite
a rubare il fuoco
ci si bruciano le vite
ma un po' d'aria per campare
si respira anche dalle ferite
piano entravo nella stanza
con il grano ad asciugare
e rotolavo dentro
a testa in giù
il mondo è così
no il tuo mondo te lo fai
questo mondo è lui che ci si fa
quante volte io
rinnegato lo cercai
e non mi ha cercato mai quel Dio
che dormì nelle montagne
nelle piante respirò
che sognò con gli animali
e con l'uomo si destò
e se non mi fosse andato mai
di bere
avrei imparato a farlo
e allora Dio bevi con me
insieme a me
Nervi lisci di cavalli
a sfaticare sere
a calmarci di sudore
in fiaccole di gelo
inutilità di foglie
stupide e leggere
nubi di bucato
sugli stenditoi del cielo
come è duro essere nuovi
avere un'altra storia
io ti amai con noncuranza
senza mai uno scopo
i ricordi sono acqua
e l'acqua è memoria
il dolore è sforzo e vino
uccide il giorno dopo
vento di girandole
in mezzo alle immondizie
mi fa freddo così tanto
da cercarti adesso
e ad un certo punto andare
e non dar più notizie
solo in compagnia di se
e chiedere il permesso
per essere te stesso
mai
non odiarmi mai
se mi allontanai
perché potessi appartenerti
mai
non ti ho vissuto mai
e ti rinunciai
già rassegnato a non saperti
quanti addii che immaginai
facchini e treni
a sbuffare intorno
e tavoli di avanzi
in un viavai di camerieri
un fiammingo sole
sta per inchiodare il giorno
rondini croci d'autunno
infilano pensieri
guizzi in occhi di cavalli
laghi nero fondo
anime di ombre
nell'attesa delle stalle
è un'immensa sala in cui aspettiamo
questo mondo
il futuro è qui davanti
o già dietro le spalle
chiuderò la porta
a far star bene la tua assenza
ci sarà fedele sempre
il cane del rimorso
i cavalli origliano
quest'aria di impazienza
a metà della speranza
io cambiai percorso
e poi non ho più corso
mai
non odiarmi mai
io mi allontanai
perchè potessi raccontarti
mai
non ti ho vissuto mai
e ti rinunciai già rassegnato a ripensarti
sudai di sud
di vento diventai
e andai
con la voce andai
coi capelli andai
lungo sentieri di tornadi
e andai
con il cuore andai
fino a che trovai
la piana dei cavalli bradi
scalpitai
scartai
m'impennai
scalciai
galoppai
saltai
m'involai
L'immenso soffio dell'oceano
mi spinge via con se a naufragare
su spiagge chiare
a un passo dalla vita muoiono
conchiglie e nelle orecchie ancora il mare
s'arrampicano in cima con quei ginocchi secchi
e tutto il mondo giù respirano
si fanno roccia
e al sole un'altra volta guardano
poi chiudono per sempre gli occhi gli stambecchi
e io ti chiedo perdono se
fratello a volte tu mi hai fatto male
io non potevo essere come te
un mago un angelo immortale
pace a noi che abbiamo avuto tanto
da smarrir la luce della semplicità
quando poi si nasce e il primo grido e' un pianto
e il bambino e' un uomo
che il suo nome
non sa dire mai
nel buio della terra aspettano
finché lassù una notte più irreale
come in una cattedrale
nell'aria antica cantano
per una sola estate le cicale
Virgilio cadde mentre era in volo sopra un prato
e le sue ali non si aprirono
guida di quei poeti
che un giorno si smarrirono
lui si che mi trattò da uomo e adesso e' andato
ed anche noi ci lasciamo qui
Cucaio e non dobbiamo dirci niente
ci serve pure di arrivare qui
per ripartire nuovamente
pace a me che non so amare ancora
ciò che ho e non so non amar quel che non ho
fermo sull'abisso tra il rischio e la paura
cosa non mi uccise
mi lasciò la forza
di vivere
pace a te per quello che mi hai dato
e per tutto ciò che tu non mi desti mai
e così da solo un cuore l'ho trovato
forse un mondo uomo
sotto un cielo mago
forse me
ora sono libero
un uomo...
oltre
El
hombre,
silencio breve y anclado
sobre su propia ola,
rabiosa,
que cubre los pecados.
Como un jinete experto,
como un caballo asustado,
supo de los placeres
con la suerte
de un río desbordado.
Entre la gente, entre cielo y luna,
danzas de vientre en un país lejano,
ni una mujer cabía para dudas,
dejó la espuma sólo para una.
Dos espadas en la noche roja,
no quiso ver su brillo incandescente,
pero le vi vestido de batalla.
No quiso hablarme su rostro, amante de placeres.
Dale vía,
déjala salir.
Fantasía
que me grita por dentro:
La bolsa o la vida.
Dale vía,
dale libertad,
que no siga nada igual.
Donde huye y va,
donde no fue jamás,
dale vía
a ese hombre que va...
El hombre,
presa de un propio destino,
hoja mordiendo el aire,
un sable
que va abriendo caminos.
Con
huella de sudores
y casi un gesto cansino,
la desnudez prohibida
latía
quemando los cuchillos.
Quiso tener un bosque en el desierto,
una sensata dosis de locura,
no fue la arena que ahogó su intento
de serenarse todo ese momento.
Un cuerpo gris que lo miró asustado,
un dedo triste que apuntaba lejos.
Quiso mirar a todas una a una,
cómo podría saber si era todo cierto.
Dale vía
dásela a tener, luz de día.
Nunca hay soledad cuando solo se vive.
Dale vía,
dale libertad,
que no siga nada igual.
Donde huye y va,
donde no fue jamás,
dale vía
a ese hombre que tuvo amores,
que ama menos,
que sabe del dolor que da
veneno y agua
y siempre va...
que va solo.
Dale vía,
dale libertad,
que no siga nada igual.
Dale vía,
dale libertad,
que no siga nada igual.
Dale vía,
dale libertad,
a ese hombre que va.
Qué
pudo ser sino invento de aleaciones dentro el hierro derretido.
de la luna cae uno de sus cuartos con un frío de mulato,
un viaje blanco, un sentir de pescadores, agua seca en un gran cielo abstracto.
Quizás acaso una estela de cometa en un alba sin arrugas.
Como nubes lisas, alargadas, recostadas como bruma,
una bandada con un vértigo de peces, luces negras, algas, noche oscura...
Y yo,
del mar
llegué y amar
me ahogó,
porque excitar
al mar
no puedo, no.
Seguro que tenía nervio de huracanes, resoplar de alma profunda.
Entre vértebras de sal y olas el rugido de la espuma,
una cortina que me cubre con su encaje de sirena tibia, mujer rubia.
Seguro se murió sin aire en los pulmones, garra de cemento duro.
Mil estrellas lucen desveladas la morada de Neptuno,
o savia que desvía el paso hacia las dunas que atesoran huellas santas, puras.
Y yo,
del mar
tengo la sangre
y el dolor,
porque calmar
al mar
no puedo, no.
Allí en el fondo hubo amor.
En un Agosto fue con otro sol que ardió, lengua de fuego y uvas el sabor
cuando el día camina en el tejado azul del cielo,
y pareciera no sentarse más.
Y frente al mar
jadeando solo
estoy,
porque domar
al mar
no puedo, no.
Como una piedra de carbón,
a consumarse,
a cobijarse,
a desbordarse,
a inundarse,
a espumarse,
a llamarte.
Que el mar
que era madre
se ocultó.
Yo
estaré contigo
ya sea junto a ti
como sin ti.
Tú,
tú no estarás
nunca sin mí
ni junto a mí.
Bajo tu piel
atrapas un deseo intenso,
y tú abrazada a mi espalda lisa, tú,
tú sobre mí,
señal sedienta sobre el cuello
y tenso el cuerpo, entero tenso, dentro.
Señal de luna y polvo en los cristales,
hay en tus ojos un sitio en que posar los míos.
Como chacales con uñas
de rapaces.
Sobre la piel labios que ven
que no hay
estrellas ni clemencia
en esta jaula.
Mañana no llegará,
la mañana no será.
Mañana nunca será.
Mañana no, no será,
la mañana no vendrá.
Mañana no será más.
Los dos jamás,
tan sólo tú y yo.
Nosotros no.
Tendido amor,
más que desnudos, desnudados,
y nuestra cama, fuego y nido, ardiendo.
Y la esperanza es una noche, algo larga,
en que no hay siquiera un rostro,
no queda un cuerpo, todo queda suelto.
La sensación de músculos sin fuerza.
Somos dos seres, un sólo abrazo extenuado.
Y el gusto es cosa
de piel
bajo la ropa,
nuestra cintura
medio muda,
piedra
seca.
Ojos de duda,
gesto gitano
Mañana no llegará,
la mañana no será.
Mañana nunca será.
Mañana no, no será,
la mañana no vendrá
Mañana, mañana
tú y yo moriremos
para ser de nuevo.
Mañana no llegará,
la mañana no será.
Mañana nunca será.
Mañana no, no será,
la mañana no vendrá.
Mañana no será más.
No hay mañana.
Cómo será
tomar la calle un día,
largarnos, ir de a pie,
topar con lo que hay,
rodearse de locura,
de un viento de osadía.
Cómo será
la manos apretar
con toda la energía
que el aire nos dará,
las olas romperán,
de piedra y cal serían.
Como alas nuestros brazos
para intentar volar,
nos llega libre el día,
se puede hasta beber
sobre esta nuestra cara
de música y placer,
se templan las gargantas
por sólo una verdad.
No,
no y no, nosotros no.
No, no y no, nosotros no.
No, no y no, nosotros no.
No, robados no, nunca más.
Cómo será
partir el mundo en dos,
abrir el corazón,
con esa ingenuidad
de mis canciones
de incrédulo escritor.
Tendremos la esperanza
que prestan al nacer
lo hijos que, en su marcha,
se crecen de una vez,
al cielo irán subiendo
cometas como tú,
y cuánto amor sediento
nos podría llover,
mas en el fondo, allí abajo,
y a lo alto hay otro no.
No,
no y no, nosotros no.
No, no y no, nosotros no.
No, no y no, nosotros no.
No, robados no, nunca más.
No
hay final
para siempre esperarle.
Probando a vivir
queremos ir muy lejos,
al paraíso, si
allí no se ve el mar.
No y no, nosotros no.
No, robados no, nunca más,
no...no y no.
No, no y no, nosotros no.
No, robados no, nunca más,
no...no y no.
No, no y no, nosotros no.
No, robados no, nunca más,
no...no y no.
by Alberto
El soplo inmenso del océano
me arrastra a naufragar con él
en playas claras
a un paso de la vida mueren
conchas y en las orejas, el mar.
Trepan con las rodillas secas
y queda todo el mundo abajo respirando
se hacen roca
y miran de nuevo al sol
luego cierran los ojos para siempre, las cabras.
Y te pido perdón si
a veces hermano me has hecho daño
no podía ser como como tú
un mago un ángel inmortal.
Paz para nosotros que hemos tenido tanto
que perder la luz de la simplicidad
cuando al fin se nace el primer grito es un llanto
y el niño es un hombre
cuyo nombre
aún no sabe decir.
En la oscuridad de la tierra esperan
hasta que allá abajo la noche es más irreal,
como en una catedral
de aire antiguo, cantan
solo por un verano, las cigarras.
Virgilio cayó mientras volaba sobre un prado
y su alas no se abrieron
guía de esos poetas
que un día se perdieron
él si me trató como un hombre y ahora se ha ido.
Y también nosotros nos dejamos aquí,
Cucaio, y no debemos decirnos nada
llegar aquí nos sirve
para volver a partir.
Paz para mí que aún no sé amar
lo que tengo y no sé no amar lo que no tengo
quedo en el abismo entre el riesgo y el miedo
lo que no me mató
me dejó la fuerza
para vivir.
Paz para ti por lo que me has dado
y por todo lo que no me llegaste a dar
y así, solo, he encontrado un corazón
quizás un mundo hombre
bajo un cielo mago
quizás yo.
Ahora soy libre
un hombre...
más.
by Caravan
El hombre
que corre a la hora del gallo
pulmones que hinchan las costillas
de un aire de metal
y recodos de tren
será más mula o caballo
los pies se agrietan de cólera
martillos sobre el terreno
Dejé para siempre en este brazo derecho
un amuleto de agua incandescente
hice el amor primero junto a una
sin mirarla nunca ni decirle nada
Vi la cara del diablo muchas veces
me puse los guantes y descargué puñetazos
conduje silbando sobre las gomas, de caza,
de mi Bandolero de Caminos blanco en la noche
Dale salida
haz que fluya ya
la locura
que me grita por dentro
la carrera o la vida
dale salida dale libertad
que no esté nunca más aquí
donde huye y va donde no fue jamás
dale salida a este hombre que va
El hombre
en busca de su destino
sus canillas se estiran más sólidas
que ruedas de molino
y granizo de corazón
en un diluvio asesino
recae y desenrolla las vértebras,
cadenas del tractor
Me emborraché de una ciudad polaca
y vodka y viento y ya no volví más
robé y me costó una mano y un susto
quemé un coche y mi pasado
estuve entre lugares santos y pecaminosos
llevados en un jet en los pasillos de los cielos
sorprende a mujeres soltarse el pelo
cómo poder saber olores y los otros vellos
Dale salida
hazle coger
su estela
que no hay soledad
cuando se está solo
Dale salida dale libertad
que no esté nunca más aquí
donde huye y va donde no fue jamás
dale salida a este hombre
que conoce el amor
y ama menos
que sabe el dolor que se da
lluvia y veneno
y siempre va y muere
dale salida dale libertad
que no esté nunca más aquí
dale salida dale libertad
que no esté nunca más aquí
dale salida a este hombre que va
by doremi
Yo esperé estar entre aquellos
que transitan caminos rebeldes
estrellas de estrellas
indecentes héroes...
esos tunantes de los artistas
folladores pederastas tristes
hechiceros cometistas
egoístas...
esos que crecen
apartados de la realidad
fuera de problemas
sin una edad
solos...
esos que son todo y nada
que no viven realmente nunca
pero ni siquiera después
mueren jamás...
Yo en qué palabras huiré
polvo y noches transcurridas
dentro de un vaso clepsidra
que bebo de un trago...
Como un timbre agridulce (Puede el cielo)
abandonó aquel cuerpo suyo delgado (terminar aquí)
y un humo azul (lo piensas)
lo acarició... (sí)
Cansino jazz en el taburete (no...las flores cortadas aún)
madre su micrófono acunó (perfuman...)
y lo sopló (lo crees)
sonidos de pájaro... (sí)
En los pliegues de las manos (no...puede el mar pararse antes)
fundió el tiempo con monotonía (del horizonte)
siempre así (lo ves)
fue esta (sí)
mi historia... (no puede nunca una historia)
Empujó todo el aliento en la garganta (olvidarse)
y una larga palabra áspera (si tú no quieres)
y el mundo allí (morir)
sin nosotros... (sin nosotros)
Incluso las estrellas ardientes de allá arriba (Incluso las estrellas
ardientes de allá arriba)
del palco descendieron (viajan por la eternidad)
para poblar los sueños de la gente (para iluminarnos en los ojos que)
se apagó la cara (por siempre hay)
su sonrisa (una luz)
y la voz... (sobre quien no sabe ya cantar...)
by Caravan
¿Qué era
un denso vigor sin valor?
quizá un viento ronco de súplica
subterráneo los ojos mordidos el fuego
de una aurora boreal cola de cometa
en el mohín del pelo
sucesión de mil hojas
largos hombros de plumas de pájaros
que bañaron bocas de río arcillosas
de sudor malva y miel de selva
se hincharon en la piel
venas de senderos rojos
entre las altas hierbas del sueño
fresco aliento de gacelas ásperas
en las piernas respiré
rápidos tragos por la garganta
de agua de saliva y espuma
a lo largo de un cuello de potro
como un rayo lágrimas de cedro
de la frente me sequé
salvadme
y liberadme
devolvedme
las manos y el alma
(¿qué quieres salvar?)
quitadme el hambre
y saciad mi sed
dejadme las manos y el alma
¿Qué era
una vibración desnuda?
tal vez una inocencia negra
calma del crepúsculo hojas de palmera
mis brazos de corteza ámbar oscuro
se convirtieron mis nervios
en antenas sacudidas de enjambres
ágiles tendones de ciervos en cobre
hasta sostener los pensamientos bandadas
de langostas sueños de aire
los puños se apretaron contra los lados
caimanes debajo del barro
bajo el sexo del lagarto
muslos de ébano pies como cangrejos
que escaparon de los mares
y se desprendieron las canillas
sobre la tierra de los rinocerontes
espíritu del mundo entero
se plantaron místico misterio
raíces de la nostalgia
salvadme
y liberadme
devolvedme
las manos y el alma
( ¿qué quieres hablar? )
quitadme el hambre
y saciad mi sed
dejadme
las manos y el alma
y yo allí dejé mi alma africana...
by Aurelio
Señora de las horas oscuras,
piel esfumada de sombras a la fuga de la habitación
Sobre los ojos un guante de luz,
acaricié la idea de ella en la lejanía.
Señora de las horas oscuras
dulces colinas en torno a un musgo aterciopelado
misterio más allá de las pestañas
furtivo como un gato yo me lavé.
Viejo compañero, que espero mi animalito,
soy más grande y he dormido más que ella.
Y de su corazón
encerrado en el sótano
de sus mejillas
pan caliente de la mañana,
de aquel rostro suyo
diamante puro,
de su espalda que le aguanta el alma
agarrada con seguridad.
Te chuparía durante horas y horas,
chocolate en la boca
sin tragarte nunca.
Señora de las horas duras, amazónica
adolescente nuca, suave sendero donde dirijo mis miradas
para vigilar su sueño, inmóvil guerrero.
Señora de las horas duras, caribeña
alba pelada, olor áspero de una naranja
las telarañas del día
para apartarlas de ella con mi lanza.
Pero hay una lámpara encendida,
no es sólo el sol
y ¡si sólo de el sol se pudiese vivir!
Por sus cabellos, algas del mar
y por sus ojos olivas dulces y almendras amargas.
Por aquellos dedos, nómadas morenos,
por su nariz, ¡Dios la bendiga!
por ahí es por donde toma la vida.
Pequeño grano de café,
no has de creerme siempre,
pero cree en mí siempre.
No quiero que seas un rehén
en este desesperado viaje,
el cordero en el altar
de mi pueblo de humo,
que seas sólo un tatuaje
sobre este pecho de salvaje,
un flipper agarrado por los costados,
para coger valor y a hacerse un hombre.
Entre sus brazos llenos de seno,
sobre sus piernas ramas fuertes y húmedo heno.
Sobre su cuerpo presa de los pintores
sobre esa boca que alguien compró
en un puesto de flores.
Y fue así ella dentro de un sueño,
ella misma un sueño, una vaguedad,
yo velé la pureza de lo imposible, su camafeo.
El músico reencontró la música, su única esposa,
entonces la musa volvió a su museo.
páginas vistas desde 2003 |